Era il lontano 2001 quando la recensione su Metal Hammer di “Insanity” mi incuriosì non poco, così lo ordinai per posta. Un mese e mezzo di attesa, pagamento in contrassegno, altri tempi. Fu l’inizio di un amore folle per un gruppo altrettanto folle. Una follia organizzata, spietata nella ferocia ed efficace nella costruzione di brani dai riff incredibili. E quel batterista, da non credere. Li vidi dal vivo al Wacken nel 2003, nel tour del successivo “Expanding Senses”, vestiti di bianco nel piccolo capannone al chiuso dove sbrindellarono una platea numerosa e sbavante fedeltà. Da allora i loro album sono andati sempre un po’ in calando, pur restando su livelli che altri si sognano. Oggi dopo una pausa durata ben nove anni tornano a sfondarci i timpani con un disco, lo dico subito, molto bello ma a cui manca un po’ quella scintilla di cui ho cercato di rendervi partecipi nelle prime righe. I brani sono più o meno quelli, riff figli degli Strapping Young Lad (band che non sento nominare più da nessuno e questo è un colpo al cuore) che si accoppiano con il migliore Death Melodico Svedese, batteria tecnica e coinvolgente, il tutto veicolato da un songwriting capace di mettere insieme una scaletta di brani valida senza la perniciosa omogeneità di troppi dischi odierni. Eppure da quando è tornato il cantante Lawrence Mackrory, la voce nell’esordio “Rusted Angel” il predecessore di “Insanity” citato in apertura, mi manca sempre qualcosa. Lui è veramente bravo, una voce per cui qualsiasi gruppo della Bay Area dei tempi d’oro avrebbe ucciso pur di averlo in formazione, il cruccio è solo mio. Ho sempre nelle orecchie il ruggito di Sydow, il cantante in soli tre dischi dei nostri, i miei preferiti guarda caso. Idiosincrasie personali a parte, questo album va ascoltato, andrebbe apprezzato e goduto. Vi assicuro che non capita tutti i giorni di sentire tanta qualità e una tecnica mostruosa che non soffre di onanismo. E rispolverate pure gli Strapping Young Lad, datosi che ci siete!
Voto:
