Il disco della settimana su Twitch: Metallica – Ride the Lightning


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Ogni settimana sul mio canale Twitch inserisco alle mie spalle un disco dalla mia collezione, ho deciso di scriverci due righe con una rubrica apposita. Se passate di là, salutatemisenza impegno. Certo, se non seguite il canale mi fate un po’ male ma vi adoro lo stesso. Per le puntate precedenti clicca QUI.

metallica-ride-the-lightningIl primo impatto con i Metallica fu con il “Black Album”, come molti la mia porta d’ingresso fu quel disco che oggi fatico a riascoltare. Poi ci fu un secondo impatto, ancora più diretto ed inaspettato del primo, opera del disco di cui vedete la copertina e dà il titolo al post. Comprai la cassetta fiducioso, credendo scioccamente di aver già capito tutto dei ‘Tallica. A quattordici anni si è spesso presuntuosi, dalla mia avevo (ed ho fortunatamente) una gran curiosità e voglia di ascoltare Metallo in quantità copiose. Quel logo azzurrino, uno dei miei preferiti in assoluto, era così aggressivo, potente. Mi ipnotizzò al punto che guardai quella copertina durante tutto il viaggio di ritorno. Chi di voi ricorda le audiocassette, saprà bene quanto fossero microscopiche e spesso non rendevano giustizia agli artwork, cosa che anche i CD in fondo hanno appena migliorato. Immagino chi si trovò di fronte al vinile di questo album. E ancora siamo alla confezione, infilarlo nello stereo ed ascoltarlo mi portò via ogni certezza, sgretolò ogni concezione e idea precostituita di “durezza” nel Metallo. Lo ascoltai avidamente e in poco tempo recuperai “Master…” e “And Justice…”. Confessai già su queste pagine, che a suo tempo, per un periodo breve ma innegabile, reputai Lars Ulrich il miglior batterista del mondo. E meno male che non c’era Internet, i social e le gogne eterne da dimenticare il giorno dopo. Abbagli giovanili a parte, “Ride…” resta un disco assoluto, di cui conservo un ricordo speciale, secondo solo al capolavoro riconosciuto di sempre “Master of Puppets”. Non credo ci sia qualcuno non abbia mai ascoltato un pezzo dei Metallica al giorno d’oggi, ma nel caso questo è un ottimo viatico per comprendere il successo trasversale che seppero raggiungere, godendosi un Metallo di altissima qualità.

Il disco della settimana su Twitch: Cavalera Conspiracy – Inflikted


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Ogni settimana sul mio canale Twitch inserisco alle mie spalle un disco dalla mia collezione, ho deciso di scriverci due righe con una rubrica apposita. Se passate di là, salutatemisenza impegno. Certo, se non seguite il canale mi fate un po’ male ma vi adoro lo stesso. Per le puntate precedenti clicca QUI.

61YHzAiR7PL._UF1000,1000_QL80_La vicenda Sepultura è ormai una di quelle consegnate alla storia del Metallo, un po’ morbosa e appiccicosa eppure così umana.*  Inflikted è uno dei passi incompleti di una reunion desiderata dai fan, un passo incompleto perché a riunirsi furono i fratelli Cavalera sotto un altro nome. In sintesi i fondatori e da sempre identificati giustamente come l’anima dei Sepultura erano fuori dalla band e ne avevano formata una propria. Dodici anni dopo la separazione tornarono in compagnia di Mark Rizzo, allora sodale fedelissimo del Max post Sepultura, e niente di meno che Joe Duplantier dei Gojira. Il disco è un’esplosione di rabbia e voglia di suonare, di tornare a provare quelle sensazioni con cui i fratelli sono cresciuti. Lasciarsi tutto alle spalle per ripartire alla grande. E “Inflikted” pur non essendo una svolta sonora o una nuova pietra miliare, resta un capitolo fondamentale della saga Cavalera. Sembra quasi un bignami asciutto e ben scritto della musica che avevano prodotto fino a quel momento, con l’additivo efficacissimo della rabbia e dell’urgenza di far sentire la propria voce. Ci illuse un bel po’ va detto, mise i due memebri storici rimasti nei Sepultura all’angolo, dopo una serie di dischi poveri di contenuti si erano ritrovati a fronteggiare prima la fuoriuscita di Igor e la determinazione di queste undici canzoni che a suon di decibel pettinano anche un leone. Il prosieguo dei Cavalera Conspiracy mostrò un po’ il fianco, i dischi si ammantarono di quella maniera che chi va avanti per decenni battendo le stesse strade incontra prima o poi, mantenendo comunque una dimenticabile dignità (considerando anche che Max scriveva uno o più dischi all’anno in una tempesta compositiva che forse avrebbe dovuto dosare di più).  Questo album ha una valenza maggiore se si conosce il vissuto dei due fratelli e della loro ex-band, rimane un album da ascoltare per godersi delle canzoni trascinanti ed incazzate. Se siete digiuni però, il consiglio è quello di arrivarci dopo aver digerito gli album dei Sepultura.

*ne ho parlato in diretta  sul mio canale insieme ad Amon di RadiactionTv recuperate la diretta cliccando qui.

Judas Priest – Invincible Shield


judas-priest-invincible-shield-edizione-standard-2023-500x500Il Metallo incarnato, una storia iniziata quando ancora nessuno osava immaginare cosa sarebbe diventato negli anni quel trasformare il rock and roll ed ibridarlo, gonfiarlo fino a renderlo unico in mille varianti e stili. I Judas Priest hanno navigato tutti i decenni, attraversato (quasi) indenni tutti i trend, i bassi e gli alti di un genere che è sopravvissuto grazie alla pervicacia dei fan e al coraggio di chi ha saputo guardarsi intorno per ottenere qualcosa di lievemente diverso da quello che c’era. Pensiamo a quante volte i nostri hanno compiuto questo passo, senza far l’elenco degli album che hanno spostato non solo il loro sound ma ispirato centinaia di gruppi. Eppure salvo un paio di colpi a vuoto, non hanno mai perso la propria identità, il proprio segno distintivo. (Ottimo, fin qui niente metafore metallurgiche!) Ricordo con spavento il rischio di ripercorrere le orme dei Maiden con “Nostradamus”, brani lunghissimi e pretenziosità ai massimi livelli. Fortunatamente compresero che non era il caso di continuare su quella strada. E poi “Reedemer of Souls” un disco che oggettivamente è appena passabile e l’idea che ormai i nostri avessero dato tutto. Downing che se ne va, Tipton che si ammala: sembra finita. E invece il colpo della vita, sia per lui che per loro: arruolare Richie Faulkner. Acchittato alla K.K. come non aveva osato neanche il Jeff Hanneman degli esordi, il biondo inglese si carica sulle spalle il gruppo, convincendo gli scettici non solo sulle assi del palco ma aiutando a tirar fuori una bomba come “Firepower”, album che senza inventare niente mette al centro una sola cosa: spaccare! Ho atteso molto prima di formulare la mia idea su “Invincible Shield”, ho temporeggiato forse anche in queste righe onde ripercorrere i passi di una carriera così longeva, i cui dischi occupano quasi una fila intera della mia collezione di dischi. Ne ho lette di ogni tipo, capolavoro, disco della vita, bastiancontrariperchèsì. La verità? Sta nella proverbiale equidistanza fra entusiasmi smodati e scetticismo, tra esaltazione e presa di coscienza. Questo è un lavoro terremotante, eccitante e ben riuscito. C’è tutto quello che un amante dei Priest e del Metallo migliore possano desiderare, rimandi già sentiti e piacevoli, un Halford stellare e di gran mestiere, un gruppo che gode di una forma e una convinzione invidiabile. Non hanno più bisogno di reinventare la ruota, non credo sia giusto chiederlo, i loro capolavori ormai sono consegnati alla storia e smettiamola con l’abuso di questo vocabolo o di usarlo per giudicare in maniera manichea qualsiasi cosa. Qui siamo di fronte ad un mezzo miracolo considerando che altri si sono crogiolati nella stessa minestra o l’hanno allungata fino a rendersi inascoltabili e scontati come un cappotto a Luglio. Per non parlare delle ciofeche che hanno messo insieme gli ex…
Come per il disco solista di Bruce Dickinson vale lo stesso assunto: spacca e diverte. Cosa volete di più da una band che il Metallo lo ha forgiato? (ero arrivato fin qui senza metafore metallurgiche! Va be’ una me la passerete!)

Voto: 

4stelle

L’assaggio del disco: “Panic Attack”
https://www.youtube.com/watch?v=zLPaGqGzdY0&ab_channel=JudasPriestVEVO

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Il disco della settimana su Twitch: Nuclear Assault – Game Over


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Ogni settimana sul mio canale Twitch inserisco alle mie spalle un disco dalla mia collezione, ho deciso di scriverci due righe con una rubrica apposita. Se passate di là, salutatemisenza impegno. Certo, se non seguite il canale mi fate un po’ male ma vi adoro lo stesso. Per le puntate precedenti clicca QUI.

Nuclear_Assault_-_Game_OverEra un periodo di scoperte, di vorace appetito per gruppi e nuovi miti da idolatrare. Questo disco capitò alle mie orecchie grazie alle cassette e CD nella collana “Metal”, facilmente reperibile in edicola, con tanto di editoriali di grandi firme della critica Metallica nazionale. Scoprii molti nomi e dischi grazie ad uno mio compagno di classe: costui aveva un fratello più grande, il vate grazie al quale la mia ricerca di suoni permeati di adrenalina prese una direzione chiara. Le aveva comprate praticamente tutte, così mi prestò ‘sta cassetta e l’ascoltai. Esplosione! Una follia alla quale forse non ero ancora pronto, una contaminazione tra hardcore (chi cazzo ne sapeva niente allora) e Metallo. “Game Over” era diverso dal resto, allora avevo ascoltato i Megadeth, i Metallica, i Sepultura. “Hang the pope” fu una delle canzoni che mi rimase impressa, seppure in generale mi piacque il tono dell’album così estremo senza essere soffocante. Così eccessiva da risultare irresistibile. I riff avevano sempre qualcosa di giocoso, di divertito. Un’attitudine di compiaciuto menefreghismo, impagabile e caratterizzante. Una peculiarità che ritroveremo spesso nel corso degli anni nella carriera salterina di Dan Lilker, uno che ha militato in seimila gruppi , peggio di Gene Hoglan. Il suo basso qui è un terremoto, un’impalcatura su cui si regge un disco fatto di pezzi veloci e sfrontati, cattivissimi. Nonostante il fulminante e fulminato inizio, la carriera del gruppo si spense lentamente con dischi sempre meno interessanti fino allo scioglimento.

Questo è un piccolo classico, da ascoltare per comprendere meglio quanto la contaminazione giovi alla musica, oltre che per divertirsi con dei pezzi favolosi.