Ieri sera, mentre vagavo per lo spazio di Elite Dangerous insieme ad un amico ho appreso della notizia della morte di George Romero. In questi casi, quando viene a mancare un’icona famosa e riconosciuta, si sprecano i post disperati impregnati di manie di protagonismo, tipo gente che piange e si dispera per una persona che in realtà non ha mai conosciuto. Una consuetudine che forse lo stesso Romero avrebbe stigmatizzato, chissà. Perchè Romero era uno che riusciva a dirti le cose in faccia con i suoi film, ti ammaliava con l’orrore e l’incubo di morti che risorgono e vogliono mangiare i vivi, ma quello che ti faceva davvero stare male era il messaggio che si nascondeva e neanche troppo tra le budella eviscerate delle vittime nei suoi film. Il primo film di Romero che vidi fu “Zombi”, rimasi di sasso e terrorizzato. Non mi spiegavo perchè quel film fosse così crudo, per quale motivo scatenasse in me un disagio che andava oltre il fisiologico terrore per lo splatter e l’idea di essere divorato da uno o più morti. C’era qualcosa strisciante e cattivo che mi bucava il cervello, una sensazione di malessere che quei visi smorti portavano con sè. Crescendo e rivedendolo, recuperando man mano la sua opera cominciai a capire: quello che davvero spaventava era la descrizione dell’uomo, dei suoi impulsi beceri coltivati dal Capitalismo e dall’arrivismo, la tremenda descrizione di quanto fosse terribile la società in cui viviamo, dove il mangiare l’altro era cosa di tutti i giorni, seppure in senso metaforico. La grandezza di Romero non era quindi nel saper terrorizzare (benissimo non fraintendete) con l’ineluttabile minaccia della morte, quanto quella di farti riflettere e sbatterti in faccia la condizione disperata dell’essere umani in un mondo che non va più là del frequentare e spendere denaro in un centro commerciale. Era tutto lì, chiaro e diretto, solo che invece di essere una palla al cazzo come un film qualsiasi di qualche pretenzioso regista italiano, che ti ammorba con un 90 minuti di gente borghese cattocomunista che si mette a fare discorsi astratti intorno ad un tavolino. Romero interpretava il genere come il veicolo per lasciar correre le sue idee, una turbina che le rendesse interessanti, dirette e ancora più efficaci. Gente morta e risorta che cammina senza meta tra le lussuose navate di un centro commerciale, senza sapere il perchè. Una bomba, un gancio sotto il mento che difficilmente lascia indifferenti, quante volte avete pensato alle persone che passeggiano in questi posti nei weekend senza sapere che altro fare? Il terrore quello vero e sotteso era proprio quello, il non saper in realtà vivere in questo mondo dove conta solo il tuo potere d’acquisto e rispondere come una falena alle luci delle vetrine. E mi ripeto, la forza di queste sue idee era ancora più devastante, colpiva nel segno perchè l’orrore concettuale sposava ed accresceva quello visuale, dove il gran gusto per la messa in scena horror sublimava in maniera eccellente, concetti che proposti in altri modi avrebbero sicuramente avuto meno efficacia. Oggi è sempre più difficile, nel marasma di innocui cinecomic e poche mosche bianche qua e là, imbattersi in pellicole così “sovversive” ed impattanti ma soprattutto divertenti. Perchè la grande lezione di Romero è questa, una lezione immortale che tutti i registi che hanno qualcosa da dire dovrebbero seguire: per farlo ragionare il pubblico prima lo devi spaventare, lo devi divertire. Quel senso di fastidio che crescerà durante la visione lo spingerà a chiedersi perchè, cosa c’è che lo fa stare così a disagio mentre guarda il film senza riuscire a smettere di farlo.
Addio Maestro, spero davvero che avremo la fortuna di avere qualcuno che segua i grandi insegnamenti che ci hai lasciato, in un mondo che assomiglia sempre di più ad uno degli scenari che hai così ben girato nel corso della tua carriera.
A compendio, vi lascio l’intervista a Romero di Federico Frusciante e alla monografia che gli dedicò qualche anno fa.
non ho visto il 100% dei suoi film, comunque un grande nome che se ne va, credo che nel genere zombi sarà per sempre il punto di riferimento per i registi futuri.
dovrebbe essere un riferimento per i registi di ogni genere 😉
Secondo me l’aspetto che rende grandi certe opere è che più uno cresce e si accultura, più chiavi di interpretazione di queste si rendono disponibili. Ci si può divertire/spaventare per gli aspetti meramente di intrattenimento di un film, oppure riflettere su certi messaggi sociali, rabbrividire davanti alle interpretazioni spiritualie/religiose e filosofiche della figura degli zombi, interessarsi alla storia, all’origine di queste leggende, guardare alla cosa da un punto di vista sicentifico… Praticamente vi si può riversare dentro di tutto. Cosa che con le opere mediocri non mi sembra sia possibile fare.
D’accordissimo